E’ possibile rallentare l’invecchiamento? L’importanza del Coenzima Q10!

Un interrogativo vecchio di secoli: è possibile rallentare l’invecchiamento? La risposta a questa domanda ha subito nel corso del tempo imprevedibili trasformazioni. Oggi, grazie ai tanti passi avanti compiuti dalla ricerca scientifica, il responso può apparire piuttosto confortante rispetto a poche decine di anni fa. Esistono infatti diversi approcci che partendo dal miglioramento complessivo dello stile di vita, associato a una corretta integrazione della propria dieta, possono farci vivere meglio questo delicato stadio della nostra vita.

Guardando più nel dettaglio, quale relazione esiste tra invecchiamento e aggiunta di integratori al proprio regime alimentare?

Bisogna sapere che già dopo i 40 anni, quando si è definitivamente entrati nella fase della “maturità”, il nostro organismo tende lentamente a perdere il vigore e le caratteristiche che gli hanno donato fin lì grandi riserve di energia e di generale benessere.

Si registrano ad esempio i primi cambiamenti nei nostri apparati corporei e diminuiscono le quantità di alcuni “fattori” determinanti per l’ottimale funzionamento dell’organismo.

Tra questi “fattori” oggi parliamo del Coenzima Q10 e del suo stretto legame con quel fenomeno naturale che chiamiamo comunemente invecchiamento. Il Coenzima Q10, definito da alcuni ricercatori come “l’elisir di lunga vita”, è una molecola presente in tutto il nostro organismo, potentissimo antiossidante indispensabile per il funzionamento del mitocondrio, la nostra “centrale energetica” interna.

La produzione di Coenzima Q10 diminuisce notevolmente proprio dopo i 40 anni con due conseguenze poco piacevoli per tutti noi: si riduce l’approvvigionamento di energia nel corpo e cresce l’accumulo dei radicali liberi, che secondo molti scienziati sono i primi responsabili di quel graduale processo che ci fa “arrugginire” ovvero invecchiare (insieme a concause quali stress, inquinamento, cibo spazzatura, fumo, alcol).
L’effetto di tale diminuzione a breve – medio termine, sancisce l’inizio di problematiche di vario genere per l’organismo con conseguenze di rilievo per cuore, muscoli, pelle fegato, parti del corpo che fanno larghissimo uso di Coenzima Q10!

Cosa fare allora?

E’ dunque necessario far fronte a questo calo con specifici integratori alimentari capaci di riequilibrare la percentuale di Coenzima Q10 che il nostro corpo non è più in grado di produrre con la normale alimentazione per generare energia e combattere la “ruggine” prodotta dai radicali liberi.

Ma facciamo attenzione… non tutti gli integratori sono uguali!

Esiste una notevole differenzia tra un prodotto ed un altro e di conseguenza tra l’efficacia di uno e quella dell’altro. Tale differenza è racchiusa nella biodisponibilità, ovvero il grado di assorbimento effettivo nelle cellule del corpo del CoQ10. Assumere un integratore di Coenzima Q10 con scarsa o bassa biodisponibilità significa purtroppo non ottenere alcun effetto, spendere soldi inutilmente e in alcuni casi perdere fiducia nel valore dei protocolli di integrazione alimentare.

Le ultime ricerche finalizzate ad aumentare la biodisponibilità degli integratori di Coenzima Q10 hanno fortunatamente consentito l’immissione sul mercato di prodotti innovativi capaci di “funzionare”.
Parliamo dell’utilizzo delle microemulsioni per gli integratori di Coenzima Q10, di gran lunga più efficaci ad esempio di quelli in polvere e delle soluzioni oleose e quindi utili per il benessere del nostro corpo contro il rapido invecchiamento delle sue cellule.

Scopri nel prossimo articolo l’importanza del Coenzima Q10 rispetto ad alcuni specifici organi del nostro corpo!

Metilazione del DNA, il ruolo nutrigenomico delle vitamine del gruppo B.

Quando si parla di metilazione del DNA, ci si riferisce a una modifica epigenetica della catena dell’acido nucleico, in particolare, della formazione di un legame di un gruppo -CH3 (ossia un gruppo metile) a una qualunque base azotata. La funzione e la tipologia della metilazione possono essere differenti secondo il tipo di metilazione stessa, ossia secondo la base azotata cui si lega il gruppo metile.

Il processo di metilazione del DNA è fondamentale per la corretta trascrizione genica, soprattutto durante lo sviluppo embrionale e molti recenti studi hanno evidenziato come una anormale metilazione del DNA risulti sempre associata ad una specifica tipologia di neoplasie.

La ricerca moderna ha evidenziato anche altri importanti fattori che possono portare a variazioni genomiche, e tra questi, un fattore molto incisivo è sicuramente quello dell’alimentazione. L’influenza dell’alimentazione sul genoma è studiata da una scienza relativamente nuova, la nutrigenomica, che permette di valutare le interazioni e le interferenze tra geni e nutrienti. La nutrigenomica fa uso di tutte le metodologie biochimiche, fisiologiche, metaboliche ed epigenetiche per cercare di spiegare le interazioni reciproche che esistono, a livello molecolare, tra i geni e i differenti nutrienti. Proprio la conoscenza approfondita di queste interazioni può permettere di comprendere quali siano le norme di alimentazione più corretta per determinati fenotipi così come possa essere possibile mitigare i sintomi di problematiche o malattie croniche non trasmissibili caratteristiche di uno specifico fenotipo.

La nutrigonomica inoltre permette di valutare quali sono le influenze di particolari diete sul genoma e, ancora più nello specifico, quali siano le influenze dei diversi elementi, quali vitamine, proteine, lipidi e carboidrati. Inoltre, questa scienza studia anche le alterazioni che le manipolazioni alimentari possono apportare al genoma, a seguito dell’alterazione delle caratteristiche nutrizionali degli alimenti. In questo senso, sono diversi gli studi che hanno come scopo la ricerca di relazione, ad esempio, tra la metilazione del DNA e la nutrigenomica dei diversi tipi di alimenti, elementi ed oligoelementi per comprendere eventuali interazioni che essi hanno con la formazione di alcuni tipi di tumori.

Una delle interazioni tra la nutrigenomica e l’alimentazione a livello molecolare, che riveste un grande interesse da parte dei ricercatori, è quella che interessa le vitamine, in particolare le vitamine del gruppo B. Recenti studi hanno, infatti, evidenziato che le vitamine del gruppo B, e in special modo la vitamina B12, rivestono un ruolo nutrigenomico fondamentale sulla metilazione del DNA, e in particolare, che i processi di metilazione sono fondamentali per il metabolismo di acido folico e vitamina B12.

La sintesi di alcune proteine, in particolare della metionina, richiede la disponibilità di vitamina B12 che è direttamente interessata nel trasferimento del gruppo metile nell’omocisteina. Ancora, sia la metionina che l’ATP, sono fondamentali per la sintesi della SAM, nei cicli reattivi che vedono coinvolti proteine, fosfolipidi e diversi tipi di ammine.

In caso di carenza di acido folico o di vitamina B12, le reazioni di sintesi della metionina vengono drasticamente ridotte. La vitamina B12, infatti, è un coenzima richiesto per il corretto funzionamento del trasferimento del gruppo metile dal metil-THF al THF, necessario per la sintesi della metionina. L’acido folico è un fattore fondamentale che contribuisce al metabolismo del carbonio, promuovendo la metilazione dell’omocisteina. Dal punto di vista teorico, l’acido folico è l’elemento chiave, che permette alla vitamina B12 di attivarsi per originare le conseguenti reazioni nelle quali è utilizzata.

La consapevolezza dell’importanza delle relazioni tra il ruolo nutrigenomico delle vitamine del gruppo B e la metilazione del DNA, ha portato a una serie di studi e ricerche volte ad approfondire questi rapporti. In particolare, sono diverse le ricerche volte a evidenziare gli effetti della carenza del gruppo metile nella metilazione del DNA e delle conseguenze sulla salute degli organismi, nonché volte alla valutazione del ruolo della vitamina B12 nella definizione di stati cancerogeni causati proprio da una dieta carente in metili.

Molti studi hanno dimostrato che una dieta con scarsi contenuti di metili influenza, e in negativo, la metilazione globale del DNA. Tuttavia, gli esperimenti condotti in vivo sulle cavie da laboratorio ancora non hanno permesso di definire con certezza quale sia il legame preciso tra le vitamine del gruppo B e la metilazione del DNA, anche se è chiara, evidente e dimostrata, una relazione tra i due elementi.

Infatti, per conoscere quale possa essere la correlazione tra la metilazione del DNA e il sruolo nutrigenomico delle vitamine del gruppo B, si dovrebbero poter valutare gli effetti a lungo termine di diete particolari, definite proprio per conoscere i risultati di questa interazione. A questo riguardo si stanno effettuando degli studi per permettere di comprendere al meglio questi parametri e sono recenti i primi risultati in proposito. Una recente pubblicazione riporta gli effetti di una supplementazione a lungo termine di acido folico e di vitamina B12 su tremila campioni. I pazienti che hanno aderito a questo studio hanno assunto quantità aumentate di questi due elementi per due anni, ogni giorno. I primi risultati hanno permesso di conoscere in maniera più approfondita il ruolo dell’aumento fisiologico della vitamina B sulle prime fasi di un’ eventuale carcinogenesi del colon-retto. Inoltre, hanno permesso di evidenziare l’importanza della fortificazione degli alimenti, soprattutto tramite l’acido folico, che è regolarmente aggiunta nei cereali ed in altri generi alimentari. Pertanto un’integrazione di acido folico, proprio come nel caso della vitamina B12, può aiutare a prevenire possibili tumori del colon-retto.