Dieta e consigli per perdere peso? Zero risultati se la mente è stressata!

L’estate sta arrivando ma per tonificare il corpo rilassiamo prima la mente.

Puntuali come ogni anno, arrivano in primavera le raccomandazioni sulle diete. Dai social network ai quotidiani, dalle riviste ai manifesti stradali, è uno solo interrogativo (per molti retorico): vuoi perdere peso?

Dicevamo non a caso che si tratta di una domanda dalla risposta scontata perché come risultato da un’indagine ufficiale pubblicata pochi mesi fa, solo in Italia, il 45,9% della popolazione adulta (al di sopra dei 18 anni) risulta essere interessata dal problema “eccesso di peso”. Di questa percentuale, scendendo più nel dettaglio, il 35,5% è in sovrappeso e il 10,4% è obeso.

grasso man

La questione è seria e riguarda due problematiche interconnesse seppur con differente grado di rischio: quella legata alla salute (cuore, diabete, sistema articolare etc.) e quella di tipo estetico per alcuni erroneamente considerata più rilevante rispetto alla prima.

Se il problema è dunque serio, non sempre lo sono le soluzioni, spesso frettolosamente profetiche e incomplete. Si, avete capito bene, incomplete. Nell’approccio pre-estivo alla dieta si punta il dito contro il corpo dimenticandosi quasi sempre della mente e del suo ruolo fondamentale nella corsa contro il peso. Recenti studi scientifici hanno sottolineato proprio questo aspetto affermando che se la nostra testa è stressata, non esiste dieta che possa funzionare. Anzi…avete presente la cosiddetta “fame nervosa”?

03

In sostanza, se si inizia un percorso dietetico senza aver prima fatto i conti con il proprio relax e senza aver quindi depurato da “stress e ansie” il nostro cervello (vedi ad esempio le imposizioni a dimagrire che vengono dall’esterno, i postumi allergici, i problemi dell’età, lo stile di vita frenetico etc.) difficilmente qualcosa potrà cambiare.

Da qui deriva un presupposto importante che è al tempo stesso una preziosa raccomandazione: dopo la stagione invernale prima di incappare nell’ennesimo tentativo a vuoto o prima di pensare alla prova costume, diamo tregua alla mente e prepariamola ad affrontare con serenità e convinzione la fase di dieta e depurazione.

Anche in questo caso la Natura ci viene incontro con una ricchissima varietà di “ingredienti” utilissimi per rilassare la nostra mente in vista delle “sfide” dell’estate e per mettere in pratica uno strategico cambio di rotta: prima svuoto la mente (via depressione, ansia, stress e insonnia), poi alleggerisco il corpo.

henrique-felix-113544-unsplash

(In caso contrario nessuno dei due risponderà perché la testa è stanca e il corpo è indebolito).

Pensiamo ad esempio alle “qualità” della valeriana, del meliloto, della passiflora e della camomilla ideali per favorire i fisiologici processi di rilassamento dell’organismo (vedi il ciclo del sonno), ma non solo.

Pensiamo anche alla griffonia utile a sostenere il naturale recupero del buon umore o al ruolo basilare del trimagnesio per l’equilibrio del sistema nervoso.

Iniziamo da qui allora da un cambio di prospettiva sostenendoci con quello che ci offre Madre Natura prima di metterci a dieta. Mente e corpo ce ne saranno sicuramente grati e saremo cosi felici di dire “Benvenuta Estate!”.

______________________________

Il Laboratorio Fitoterapico Forza Vitale è in grado di suggerire alcuni supporti naturali efficaci per preparare mente e corpo ad un sereno percorso dietetico, senza STRESS (sempre ovviamente in accordo con i consigli di un professionista). Vediamoli:

Melised_3d_2014

MELISED – I suoi ingredienti sono ideali in caso di disturbi associati a stress cronico e ansia.

demalin_3d

DEMALIN –  L’efficacia della griffonia per il normale tono del tuo umore.

TRIMAGNESIO_3D_2014

TRIMAGNESIO – Il magnesio, mediatore nella produzione di adeguati livelli di serotonina (regolazione del ciclo sonno-veglia, attività sessuale, il senso di appetito-fame).

More info su: www.forzavitale.it

Il Coenzima Q10 e il contrasto ai radicali liberi

Nel precedente intervento abbiamo visto l’importante ruolo del Coenzima Q10 nel contrasto ai danni precoci da invecchiamento. In quest’occasione vogliamo soffermarci sulla sua efficace azione contro le sostanze che fanno svigorire il nostro organismo: i radicali liberi.

Ma cosa sono i radicali liberi?

I radicali liberi sono molecole “instabili” che hanno origine nel mitocondrio, gli organelli addetti alla respirazione cellulare e alla ricarica energetica del corpo. Sono instabili perché caratterizzati da elettroni spaiati (singoli) che “rubano” l’elettrone mancante dalla molecola a loro più vicina. Tutto questo produce un negativo effetto domino che crea tante altre molecole instabili. Se non si frena in tempo questo processo, si verificano danni consistenti per le nostre cellule e di conseguenza per i nostri organi.

Che cosa causa la loro proliferazione? 

Sono diverse le cause che danno origine ai radicali liberi. Alcune dipendono da fattori endogeni ovvero presenti all’interno dell’organismo, altre da fattori esogeni legate all’ambiente esterno. I maggiori fattori “esterni” sono:

  • inquinamento
  • raggi ultravioletti
  • stress
  • fumo di sigaretta
  • consumo eccessivo di alcol
  • cibo “spazzatura”

Come possiamo difenderci dai radicali liberi?

Il nostro corpo sviluppa normalmente al proprio interno sistemi di difesa contro i radicali liberi che spesso necessitano dell’aiuto di supporti esterni. Parliamo degli integratori antiossidanti capaci di “detossificare” il nostro organismo. Questi supporti nutrizionali contengono sostanze o vitamine che la normale alimentazione non è in grado di assicurare nelle giuste quantità per il funzionamento dei nostri organi. In molti casi risulta perciò necessario fare ricorso agli integratori.

Tra le sostanze che agiscono maggiormente contro i radicali liberi, vanno menzionate:

  • Vitamina C
  • Vitamina E
  • Polifenoli
  • Glutatione
  • Rame
  • Coenzima Q10

L’efficacia del Coenzima Q10!

Diverse ricerche a livello internazionale hanno riportato la specifica azione antiossidante del Coenzima Q10 che agisce letteralmente come “scavenger” ovvero spazzino dei radicali liberi. Gli scavangers consentono l’intercettazione dei radicali liberi e la loro trasformazione in molecole più stabili, contrastando dunque i danni che possono provocare sui nostri organi. Questo spiega il grande beneficio che gli integratori a base di Coenzima Q10 hanno in un ampio ventaglio di disturbi e condizioni patologiche, da quelle neurodegenerative ai problemi di fertilità maschile.

Per ottenere risultati tangibili, è assolutamente importante utilizzare integratori di Coenzima Q10 con un’alta biodisponibilità (grado di assorbimento nel corpo). Accurate analisi biologiche hanno constatato che quelli in polvere e soluzione oleosa ad esempio non raggiungono più del 20% di assorbimento mentre ci sono integratori di Coenzima Q10 in microemulsione di ultima generazione, capaci di assicurare fino al 90% di efficace assorbimento del nutriente nel nostro corpo con benefici tangibili e duraturi! E’ bene saperlo!

Scopri nel prossimo articolo l’importanza del Coenzima Q10 rispetto ad alcuni specifici organi del nostro corpo!

 

E’ possibile rallentare l’invecchiamento? L’importanza del Coenzima Q10!

Un interrogativo vecchio di secoli: è possibile rallentare l’invecchiamento? La risposta a questa domanda ha subito nel corso del tempo imprevedibili trasformazioni. Oggi, grazie ai tanti passi avanti compiuti dalla ricerca scientifica, il responso può apparire piuttosto confortante rispetto a poche decine di anni fa. Esistono infatti diversi approcci che partendo dal miglioramento complessivo dello stile di vita, associato a una corretta integrazione della propria dieta, possono farci vivere meglio questo delicato stadio della nostra vita.

Guardando più nel dettaglio, quale relazione esiste tra invecchiamento e aggiunta di integratori al proprio regime alimentare?

Bisogna sapere che già dopo i 40 anni, quando si è definitivamente entrati nella fase della “maturità”, il nostro organismo tende lentamente a perdere il vigore e le caratteristiche che gli hanno donato fin lì grandi riserve di energia e di generale benessere.

Si registrano ad esempio i primi cambiamenti nei nostri apparati corporei e diminuiscono le quantità di alcuni “fattori” determinanti per l’ottimale funzionamento dell’organismo.

Tra questi “fattori” oggi parliamo del Coenzima Q10 e del suo stretto legame con quel fenomeno naturale che chiamiamo comunemente invecchiamento. Il Coenzima Q10, definito da alcuni ricercatori come “l’elisir di lunga vita”, è una molecola presente in tutto il nostro organismo, potentissimo antiossidante indispensabile per il funzionamento del mitocondrio, la nostra “centrale energetica” interna.

La produzione di Coenzima Q10 diminuisce notevolmente proprio dopo i 40 anni con due conseguenze poco piacevoli per tutti noi: si riduce l’approvvigionamento di energia nel corpo e cresce l’accumulo dei radicali liberi, che secondo molti scienziati sono i primi responsabili di quel graduale processo che ci fa “arrugginire” ovvero invecchiare (insieme a concause quali stress, inquinamento, cibo spazzatura, fumo, alcol).
L’effetto di tale diminuzione a breve – medio termine, sancisce l’inizio di problematiche di vario genere per l’organismo con conseguenze di rilievo per cuore, muscoli, pelle fegato, parti del corpo che fanno larghissimo uso di Coenzima Q10!

Cosa fare allora?

E’ dunque necessario far fronte a questo calo con specifici integratori alimentari capaci di riequilibrare la percentuale di Coenzima Q10 che il nostro corpo non è più in grado di produrre con la normale alimentazione per generare energia e combattere la “ruggine” prodotta dai radicali liberi.

Ma facciamo attenzione… non tutti gli integratori sono uguali!

Esiste una notevole differenzia tra un prodotto ed un altro e di conseguenza tra l’efficacia di uno e quella dell’altro. Tale differenza è racchiusa nella biodisponibilità, ovvero il grado di assorbimento effettivo nelle cellule del corpo del CoQ10. Assumere un integratore di Coenzima Q10 con scarsa o bassa biodisponibilità significa purtroppo non ottenere alcun effetto, spendere soldi inutilmente e in alcuni casi perdere fiducia nel valore dei protocolli di integrazione alimentare.

Le ultime ricerche finalizzate ad aumentare la biodisponibilità degli integratori di Coenzima Q10 hanno fortunatamente consentito l’immissione sul mercato di prodotti innovativi capaci di “funzionare”.
Parliamo dell’utilizzo delle microemulsioni per gli integratori di Coenzima Q10, di gran lunga più efficaci ad esempio di quelli in polvere e delle soluzioni oleose e quindi utili per il benessere del nostro corpo contro il rapido invecchiamento delle sue cellule.

Scopri nel prossimo articolo l’importanza del Coenzima Q10 rispetto ad alcuni specifici organi del nostro corpo!

Metilazione del DNA, il ruolo nutrigenomico delle vitamine del gruppo B.

Quando si parla di metilazione del DNA, ci si riferisce a una modifica epigenetica della catena dell’acido nucleico, in particolare, della formazione di un legame di un gruppo -CH3 (ossia un gruppo metile) a una qualunque base azotata. La funzione e la tipologia della metilazione possono essere differenti secondo il tipo di metilazione stessa, ossia secondo la base azotata cui si lega il gruppo metile.

Il processo di metilazione del DNA è fondamentale per la corretta trascrizione genica, soprattutto durante lo sviluppo embrionale e molti recenti studi hanno evidenziato come una anormale metilazione del DNA risulti sempre associata ad una specifica tipologia di neoplasie.

La ricerca moderna ha evidenziato anche altri importanti fattori che possono portare a variazioni genomiche, e tra questi, un fattore molto incisivo è sicuramente quello dell’alimentazione. L’influenza dell’alimentazione sul genoma è studiata da una scienza relativamente nuova, la nutrigenomica, che permette di valutare le interazioni e le interferenze tra geni e nutrienti. La nutrigenomica fa uso di tutte le metodologie biochimiche, fisiologiche, metaboliche ed epigenetiche per cercare di spiegare le interazioni reciproche che esistono, a livello molecolare, tra i geni e i differenti nutrienti. Proprio la conoscenza approfondita di queste interazioni può permettere di comprendere quali siano le norme di alimentazione più corretta per determinati fenotipi così come possa essere possibile mitigare i sintomi di problematiche o malattie croniche non trasmissibili caratteristiche di uno specifico fenotipo.

La nutrigonomica inoltre permette di valutare quali sono le influenze di particolari diete sul genoma e, ancora più nello specifico, quali siano le influenze dei diversi elementi, quali vitamine, proteine, lipidi e carboidrati. Inoltre, questa scienza studia anche le alterazioni che le manipolazioni alimentari possono apportare al genoma, a seguito dell’alterazione delle caratteristiche nutrizionali degli alimenti. In questo senso, sono diversi gli studi che hanno come scopo la ricerca di relazione, ad esempio, tra la metilazione del DNA e la nutrigenomica dei diversi tipi di alimenti, elementi ed oligoelementi per comprendere eventuali interazioni che essi hanno con la formazione di alcuni tipi di tumori.

Una delle interazioni tra la nutrigenomica e l’alimentazione a livello molecolare, che riveste un grande interesse da parte dei ricercatori, è quella che interessa le vitamine, in particolare le vitamine del gruppo B. Recenti studi hanno, infatti, evidenziato che le vitamine del gruppo B, e in special modo la vitamina B12, rivestono un ruolo nutrigenomico fondamentale sulla metilazione del DNA, e in particolare, che i processi di metilazione sono fondamentali per il metabolismo di acido folico e vitamina B12.

La sintesi di alcune proteine, in particolare della metionina, richiede la disponibilità di vitamina B12 che è direttamente interessata nel trasferimento del gruppo metile nell’omocisteina. Ancora, sia la metionina che l’ATP, sono fondamentali per la sintesi della SAM, nei cicli reattivi che vedono coinvolti proteine, fosfolipidi e diversi tipi di ammine.

In caso di carenza di acido folico o di vitamina B12, le reazioni di sintesi della metionina vengono drasticamente ridotte. La vitamina B12, infatti, è un coenzima richiesto per il corretto funzionamento del trasferimento del gruppo metile dal metil-THF al THF, necessario per la sintesi della metionina. L’acido folico è un fattore fondamentale che contribuisce al metabolismo del carbonio, promuovendo la metilazione dell’omocisteina. Dal punto di vista teorico, l’acido folico è l’elemento chiave, che permette alla vitamina B12 di attivarsi per originare le conseguenti reazioni nelle quali è utilizzata.

La consapevolezza dell’importanza delle relazioni tra il ruolo nutrigenomico delle vitamine del gruppo B e la metilazione del DNA, ha portato a una serie di studi e ricerche volte ad approfondire questi rapporti. In particolare, sono diverse le ricerche volte a evidenziare gli effetti della carenza del gruppo metile nella metilazione del DNA e delle conseguenze sulla salute degli organismi, nonché volte alla valutazione del ruolo della vitamina B12 nella definizione di stati cancerogeni causati proprio da una dieta carente in metili.

Molti studi hanno dimostrato che una dieta con scarsi contenuti di metili influenza, e in negativo, la metilazione globale del DNA. Tuttavia, gli esperimenti condotti in vivo sulle cavie da laboratorio ancora non hanno permesso di definire con certezza quale sia il legame preciso tra le vitamine del gruppo B e la metilazione del DNA, anche se è chiara, evidente e dimostrata, una relazione tra i due elementi.

Infatti, per conoscere quale possa essere la correlazione tra la metilazione del DNA e il sruolo nutrigenomico delle vitamine del gruppo B, si dovrebbero poter valutare gli effetti a lungo termine di diete particolari, definite proprio per conoscere i risultati di questa interazione. A questo riguardo si stanno effettuando degli studi per permettere di comprendere al meglio questi parametri e sono recenti i primi risultati in proposito. Una recente pubblicazione riporta gli effetti di una supplementazione a lungo termine di acido folico e di vitamina B12 su tremila campioni. I pazienti che hanno aderito a questo studio hanno assunto quantità aumentate di questi due elementi per due anni, ogni giorno. I primi risultati hanno permesso di conoscere in maniera più approfondita il ruolo dell’aumento fisiologico della vitamina B sulle prime fasi di un’ eventuale carcinogenesi del colon-retto. Inoltre, hanno permesso di evidenziare l’importanza della fortificazione degli alimenti, soprattutto tramite l’acido folico, che è regolarmente aggiunta nei cereali ed in altri generi alimentari. Pertanto un’integrazione di acido folico, proprio come nel caso della vitamina B12, può aiutare a prevenire possibili tumori del colon-retto.

Il Sole in Tavola: Forza Vitale per il sociale nella promozione della salute attraverso il buon cibo

Chef Michele Piccolomo della Bottega dell'Allegria di Corato
Chef Michele Piccolomo della Bottega dell’Allegria di Corato

Gli operatori del settore sanitario, agricolo e alimentare, oggi più che mai sono consapevoli che il benessere dell’organismo umano non si raggiunge solo attraverso trattamenti farmacologici, ma anche attraverso il recupero di sane e corrette abitudini alimentari; quando è opportuno, dunque, ben venga l’apporto che gli integratori alimentari riescono a fornire a una dieta sana ed equilibrata.

Partendo da tali considerazioni Forza Vitale, azienda specializzata nella produzione e distribuzione d’integratori alimentari a base di estratti di piante officinali, lancia il progetto “Il Sole in Tavola”, finalizzato ad un’azione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, che passa attraverso la promozione delle correlazioni esistenti tra il cibo salutare e lo stato di benessere psicofisico della persona.

Il progetto “Il Sole in Tavola” prevede l’intervento di esperti di alimentazione e salute, come biologici nutrizionisti e farmacisti, all’interno di eventi enogastronomici per la valorizzazione di cibo e bevande sane.

Da qui l’esigenza di avvicendarci con rinomati chef per la creazione di piatti unici caratterizzati dalla presenza di erbe officinali ed essenze aromatiche naturali già adoperate in fitoterapia, e che sono inevitabilmente parte della filiera alimentare dei cibi che consumiamo con regolarità (o quasi) a tavola. Si pensi sia a quelle adoperate con finalità aromatiche – come origano, timo e maggiorana – che a quelle consumate come pietanze vere e proprie – ad esempio asparagi e cicorie.

Sempre più spesso, purtroppo, le cattive scelte alimentari si ripercuotono sulla nostra salute: cibi precotti, pasti consumati frettolosamente, alimenti “spazzatura” la cui scelta d’acquisto è spesso condizionata da accattivanti spot pubblicitari, o da ancor più accattivanti (ma ingannevoli) offerte promozionali.

Volersi bene e prendersi cura di se stessi significano dunque mandar via queste ombrose abitudini, portando “il Sole in Tavola” per contrastarle. Si comincia riducendo ed eliminando le cattive abitudini come fumo, caffè e cibi spazzatura, lasciando spazio alla buona cucina; per poi proseguire, eventualmente, con l’ausilio con gli integratori messi in campo da Forza Vitale.

Il nostro corpo va visto come una macchina perfetta, il cui carburante naturale per il corretto funzionamento risiede nei cibi. E’ il loro consumo corretto ed appropriato che lo fa funzionare nel migliore dei modi. Ecco perché, lo ribadiamo, portare il “Sole in Tavola”, sia attraverso gli alimenti che tramite gli integratori naturali di Forza Vitale ci aiuta ad essere sani.

Mangiare sano, significa essere “vitali” e “solari”.

Attività antiproliferativa e apoptotica su linee cellulari cancerogene del principio attivo vegetale “partenolide” da Tanacetum parthenium L.

Il partenolide, un lattone sesquiterpenico presente in natura come componente del partenio (Tanacetum parthenium), una pianta appartenente alla famiglia delle Asteraceae, è già da tempo oggetto di numerosi studi per le sue potenti e complesse proprietà farmacologiche antiossidanti, antimicrobiche e antinfiammatorie, tanto che la somministrazione di estratti di partenio per via orale o per infusione per il trattamento di febbre, dolori gastrici, artrite reumatoide e per la profilassi dell’emicrania, da semplice rimedio tradizionale, è diventata ormai una pratica piuttosto abituale anche nella medicina ufficiale.

Dal lavoro di ricerca svolto negli ultimi anni da alcune equipe internazionali è emerso che il partenolide ha anche delle importanti proprietà antitumorali che interessano diverse linee cellulari. Nello specifico, è stato dimostrato che il principio attivo è in grado di inibire la proliferazione delle cellule neoplastiche e di provocarne la morte per apoptosi.

A conferire al partenolide le sue peculiari proprietà farmacologiche sono l’anello α-metilen-γ-lattonico e il gruppo funzionale epossidico, due particolari componenti della sua struttura molecolare che gli permettono di legarsi ai siti nucleofili di importanti molecole biologiche, come ad esempio i gruppi tiolici di alcuni enzimi.

In generale, come si evince da alcuni articoli scientifici disponibili su pubmed.com, tra i quali i lavori di Koprowska e Czyz e di Mathema et al., la capacità di inibire il legame del DNA con i fattori di trascrizione NF-kappaB, costitutivi in diversi tipi di neoplasia, attraverso l’interazione con IKK o più direttamente con la subunità p65 dell’NF-kappaB è considerata una delle principali modalità d’azione del partenolide. Attraverso l’inibizione dell’attivazione degli STAT (Signal Transducers and Activators of Transcription) e della MAP-chinasi e l’induzione di una sostenuta attività delle JNK e zdella p53, ottenute influenzando direttamente i livelli della MDM2 e della HDAC1, esso provoca inoltre un incremento della suscettibilità delle cellule neoplastiche alla chemio e alla radioterapia.

A livello epigenetico, il partenolide riduce i livelli di HDAC1 e, inibendo l’attività della DNMT2, induce la totale ipometilazione del DNA, che può riattivare l’espressione di alcuni geni soppressori. Questi provocano una riduzione dei livelli cellulari di GSH nelle cellule neoplastiche, a cui fanno seguito un accumulo di radicali liberi e, finalmente, l’apoptosi.

Altre proprietà molto interessanti del partenolide sono la capacità di indurre la morte cellulare principalmente nelle cellule neoplastiche, senza danneggiare quelle sane – sulle quali esercita inoltre un’azione protettiva dagli UVB e dallo stress ossidativo – e, soprattutto, quella di essere potenzialmente in grado di colpire cellule staminali neoplastiche.

Altri studi hanno evidenziato l’azione antitumorale del partenolide su determinate linee cellulari neoplastiche. Il lavoro dell’equipe guidata da Antonella D’Anneo, ricercatrice del Dipartimento di Biochimica Sperimentale e Neuroscienze Cliniche dell’Università di Palermo, ne ha per esempio studiato gli effetti sulle cellule responsabili dell’osteosarcoma umano MG63 e del melanoma SK-MEL-28, sulle quali il partenolide agisce in maniera similare.

La marcatura con Hoechst 33342 ha rilevato che nella prima fase del trattamento (0-5 h) il partenolide induceva condensazione della cromatina nella maggioranza delle cellule di entrambe le linee, mentre solo un numero limitato di esse risultava essere positivo allo Iodio Propidio (PI). Inoltre, le cellule assumevano una forma tondeggiante, si distaccavano dal substrato e mostravano una riduzione del loro volume. Il progressivo aumento della percentuale di cellule PI-positive rivelato nella seconda fase dell’esperimento (5-15 h), suggeriva che l’esteso danneggiamento delle membrane plasmatiche cellulari cominciava a verificarsi solo dopo lunghi periodi di trattamento. Tutti questi eventi non venivano contrastati dalla z-VAD-fmk e da altri inibitori della caspasi, bensì erano strettamente dipendenti allo stress ossidativo. Lo studio del meccanismo di azione del partenomide ha infatti rilevato che tutti gli effetti citotossici erano inizialmente impediti dalla n-acetil-cisteina (NAC), un potente antiradicali liberi, mentre dopo un breve periodo di tempo (1-2 h) la produzione di radicali liberi veniva avviata grazie all’attivazione indotta dalla NADPH ossidasi e dalla chinasi 1/2 regolate da segnali extracellulari (ERK1/2).

Questo dava poi origine alla cascata di eventi, alcuni dei quali citati in precedenza, che avrebbero predisposto la cellula neoplastica all’apoptosi: deplezione dei gruppi tiolici e del glutatione, inibizione dell’NF-kappaB, attivazione delle JNK, distaccamento delle cellule dal substrato e restringimento cellulare. Il contemporaneo aumento della produzione dei radicali liberi e dell’accumulazione mitocondriale di Ca2+ favoriva inoltre la dissipazione del potenziale di membrana mitocondriale (Delta Psi m), probabilmente determinata dall’apertura del Poro di Transizione della Permeabilità Mitocondriale (PTP), altro evento che notoriamente precede il processo apoptotico. L’analisi all’immunofluorescenza rivelava inoltre che a questo punto il Fattore di Induzione dell’Apoptosi (AIF) abbandonava i mitocondri per posizionarsi all’interno del nucleo a contatto con aree occupate da cromatina condensata. Prolungando il trattamento (5-15 h), il potenziamento dell’effetto necrotico veniva testimoniato dalla progressiva diminuzione dell’ATP e dal sensibile aumento delle cellule PI-positive.

Dal momento che tutti questi effetti venivano inibiti dalla NAC e non venivano in alcun modo influenzati dagli inibitori della caspasi, dal lavoro di ricerca è emerso chiaramente che il partenolide causa nelle due linee cellulari neoplastiche studiate morte cellulare mediata da AIF.

A una simile conclusione ha portato anche il recentissimo studio pubblicato nell’ottobre 2014 su Pubmed.com da Al-Fatlawi AA. L’autore, coadiuvato dalla sua equipe, ha studiato gli effetti del partenolide sulla crescita e sui geni coinvolti nella regolazione dell’apoptosi delle linee cellulari del carcinoma cervicale (SiHa) e carcinoma della mammella (MCF-7) umani. Esaminando l’attività citotossica del partenolide mediante saggi di MTT e LDH a intervalli regolari di 24 e 48 h e valutando l’attività apoptotica ed effettuando l’analisi di espressione genica dei geni multipli della regolazione dell’apoptosi (come p53, Bax, caspase-3, -6 e -9) mediante trascriptasi inversa della PCR e saggio di frammentazione del DNA, si è visto che il partenolide inibiva la crescita di linee cellulari di SiHa e MFC-7 in maniera concentrazione-dipendente ad intervalli di tempo di 24 e 48 h grazie alla modulazione dell’espressione di geni coinvolti nella regolazione dell’apoptosi.

Pertanto, dato il suo ampio raggio di attività biologiche e la sua bassa tossocità, l’assunzione di integratori alimentari a base di partenolide, che debbano avere un contenuto di principio attivo pari ad almeno il 15% e resi facilmente assorbibili dalla forma di nanoemulsione, è consigliata.

Morus Alba e D-Chiroinositolo, sinergia vincente per il trattamento del diabete tipo II (mellito).

Melito
Melito integratore alimentare di Glauber Pharma a base di Morus Alba e D-chiroinositolo

Che cos’è il diabete
Il diabete è una patologia che, purtroppo, si registra sempre con maggior frequenza nella popolazione, in particolar modo nel sesso femminile e in soggetti non più giovanissimi. A livello internazionale questa malattia metabolica viene classificata in base a due differenti tipologie: il diabete di Tipo 1, imputabile nella maggior parte dei casi a un difetto di regolazione del sistema immunitario della persona che ne soffre e il diabete di Tipo 2, o diabete mellito, che deriva da un’incapacità delle cellule pancreatiche di produrre i giusti livelli di insulina oppure da una particolare condizione patologica dei tessuti che oppongono resistenza all’azione dell’insulina stessa. Il 90% dei soggetti diabetici soffre proprio di diabete di Tipo 2. Nel diabete mellito non curato, alla costante presenza dell’iperglicemia, si associa, con il passare del tempo, anche una serie di altre patologie a carico dei vasi sanguigni che possono condurre, tra le altre cose, ad aterosclerosi, infarto, danni retinici e affezioni renali.

Morus Alba e D-chiroinositolo
Data la gravità e la costante diffusione del diabete di Tipo 2, diversi studi scientifici si sono concentrati sull’individuazione di cure efficaci per bloccare l’evoluzione di questa pericolosa patologia. Si tratta, infatti, di un disordine metabolico che, pur essendo cronico, può essere tenuto efficacemente sotto controllo, impedendogli di dar luogo a disfunzioni correlate. Sono stati così individuati dai ricercatori due prodotti altamente ipoglicemizzanti. Il primo, di origine fitoterapica, deriva dall’estratto delle gemme del Morus alba, più noto come gelso bianco. Il secondo, il D-chiroinositolo, è invece un carboidrato della famiglia degli inositoli. L’organismo umano, attraverso una complicata azione enzimatica, sintetizza questa sostanza partendo dal glucosio. Un deficit di D-chiroinositolo ha un ruolo estremamente significativo nello sviluppo dell’insulino-resistenza tipica del diabete di Tipo 2.

L’importanza della sinergia
Dal frutto della ricerca di Glauber Pharma è ora presente sul mercato MELITO, un integratore di nuova generazione che, anziché limitarsi a sfruttare singolarmente le proprietà ipoglicemizzanti del Morus alba titolato all’1% in 1-DNJ e del D-chiroinositolo, le mette in sinergia fra loro, potenziandone l’effetto. L’associazione tra queste due componenti è stata testata scientificamente e con eccellenti risultati sulla Drosophila, il comune moscerino della frutta. I ricercatori hanno aumentato la dieta della Drosophila incrementandola del 10% di zucchero, inducendo così il diabete di Tipo 2. Una successiva somministrazione di estratto di Morus alba e di D-chiroinositolo ha prodotto un importante calo dei livelli glicemici, confermando il valore dell’azione sinergica fra le due sostanze.

MELITO, un integratore diverso da tutti gli altri
MELITO è un prodotto naturale che basa la propria azione su estratti secchi e titolati di piante. Questo integratore alimentare, sfruttando la sinergia fra Morus alba e D-Chiroinositolo, si è rivelato un eccellente coadiuvante per mantenere i corretti livelli di glicemia e per potenziare i risultati prodotti da uno stile di vita sano e da una dieta bilanciata. MELITO si distingue da altri integratori alimentari per il benessere del soggetto diabetico tipo II, non solo per l’accostamento sinergico tra Morus alba e D-Chiroinositolo, ma anche per l’efficacia della loro veicolazione. Le proprietà fortemente antiglicemiche dell’estratto delle foglie di Morus alba sono presenti nella forma dello spettro fitochimico completo. Questa peculiarità agisce a seguito della titolazione all’1% in 1-DNJ. Un ulteriore potenziamento di efficacia viene dato dall’azione del D-chiroinositolo che attiva i recettori dell’insulina.

Un’azione che dura nel tempo
La singolarità e l’efficacia delle compresse di MELITO rispetto ad altri prodotti risiede quindi nella sua particolare formulazione. I principi attivi, infatti, vengono costantemente secreti e veicolati durante le quattro ore che seguono l’assunzione. L’assorbimento viene così garantito in modo continuativo e graduale, rendendo l’efficacia di MELITO un valido aiuto nel mantenere fisiologicamente corretti i livelli di glicemia nei soggetti affetti da diabete di Tipo 2 e da diabete gestazionale. A differenza di altri integratori, MELITO impedisce un’assimilazione troppo rapida dei principi attivi dovuta a un loro rilascio non controllato che ne annulla i benefici. Le compresse di MELITO soddisfano pienamente il piacere di assicurarsi benessere e salute in modo naturale e al tempo stesso efficace.
Il prodotto è reperibile in farmacie, erboristerie qualificate e parafarmacie.

I prodotti riportati sono integratori alimentari e non specialità medicinali. L’uso tradizionaleo l’impiego clinico delle sostanze riportate nelle informative non vanno intese come prescrizione medica. Gi ingredienti contenuti nei rispettivi prodotti non hanno l’intento di prevenire o curare alcuna malattia.

Umore, Intestino e Benessere Cardiocirolatorio: nuove prospettive per l’integrazione di fermenti lattici

Dai primissimi stadi dello sviluppo embrionale, l’intestino e il cervello condividono una sorgente comune, la corda dorsale. A circa 4 settimane di sviluppo, l’embrione avrà sviluppato la “cresta neurale”, prima formazione del sistema nervoso che nella fase successiva di sviluppo si dividerà letteralmente in due parti distinte, la prima diventerà il nostro cervello e la spina dorsale mentre la seconda si collegherà alll’intestino, da qui nasce il meglio conosciuto “sistema nervoso enterico” o “secondo cervello” che si andrà ad affiancare al “Sistema nervoso Simpatico” e al “Sistema nervoso Parasimpatico”.

Questi due “cervelli” vivranno per sempre collegati dal nervo vago su cui viaggiano una serie di informazioni da e per il cervello dall’intestino. L’intestino ha circa 100 milioni di neuroni, una quantità maggiore di quelli che si trovano nella spina dorsale o nell’intero sistema nervoso periferico. Più del 95% delle “sostanze del buonumore” prodotte dal cervello  – serotonina e altre 30 tipologie di neurotrasmetitori – sono prodotte nell’intestino. Pertanto lo stato di salute dell’intestino ha un impatto diretto sulla salute del nostro cervello e soprattutto sul nostro stato d’animo.

gut-bacteria-controlling-brain Il GALT – Tessuto linfoide associato all’intestino – circonda l’intestino e produce globuli bianchi conosciuti come linfociti, i quali sono dediti a combattere la maggior parte delle infezioni con cui entriamo a contatto.  Tutto ciò che passa attraverso le pareti dell’intestino incontra immediatamente il GALT che svolge la funzione di prevenire il passaggio dall’intestino al plesso circolatorio di una serie di tossine e invasori microbici. Di conseguenza un intestino non in forma e con maggiore permeabilità permetterà il passaggio di sostanze “nemiche”, ecco che il nostro sistema immunitario viene eccessivamente stimolato, causando il rilascio di sostanze infiammatorie che hanno effetti di vasta portata su tutto l’organismo, incluso il cervello.

Si conoscono ormai diverse condizioni in cui il GALT è erroneamente sovrastimolato, due di queste sono la disbiosi e il Leaky gut syndrome o sindrome della permeabilità intestinale.

La scienza è oggi in grado di ammettere con certezza che l’infiammazione – anche di tipo intestinale – ha un impatto profondo sulle funzioni cerebrali, definendo la dettagliata connessione esistente tra l’infiammazione e i disturbi dell’umore.  L’infiammazione modifica la chimica del cervello e pertanto molti sintomi di un disequilibrio dei neurotramettirori, come ansia, depressione e deficit di attenzione sono collegati ad una spesso silente disfunzione immunitaria causata dallo stato di salute dell’intestino.

La quantificazione e soprattuto qualificazione dei batteri presenti nel tratto intestinale è molto complessa pertanto la diagnositca medica preferisce focalizzare la propria attenzione sull’identificazione di metaboliti secondari prodotti di scarto dei batteri.

Uno di questi metabolite è il HPHPA, un prodotto di scarto del battere clostridio che causa la disattivazione di un enzima coinvolto nella conversione della dopamina in noreprinefrina ( o noradrenalina), e il conseguente accumulo di dopamina causa di agitazione e stati ansiosi. Diventa di fondamentale importanza trattare l’equilibrio della flora batterica intestinale ed essere certi che la stessa abbia livelli adeguati per il benessere non solo delle funzioni intestinali ma anche di quelle immunitarie e di conseguenza dello sviluppo del sistema neuroendocrino e metabolico. La presenza dei microbioti regola il punto di equilibrio del funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, altresì conosciuto come l'”Asse dello Stress”.

Sarà pertanto utile integrare e la nostra dieta con fermenti batterici “amici” dell’intestino di cui in primis il Lactobacillus acidophilus, assieme a Bifidobacterium lactis, Lactococcus lactis, Lactobacillus salivarius, Lactobacillus casei ed Enterococcus faecium.  Un complesso di questi fermenti in tavolette e che permetta un’assunzione di almeno 2 miliardi di fermenti vivi per grammo, è consigliato.

Il laboratorio Forza Vitale, che da 20 anni produce e commercializza integratori alimentari, ha sviluppato un integratore di probiotici con un dosaggio di 2.2 miliardi di batteri vivi per grammo caratterizzato dalla presenza di sostanze prebiotiche che favoriscono la proliferazione batterica. Il simbiotico (azione sinergica tra prebiotici e probiotici) è disponibile in compresse da 400 mg ed è distribuito in farmacie ed erboristeria con il marchio FLORAFIT.  Tra le caratteristiche già elencate del Florafit vi è quella della totale assenza di nel complesso probiotico di L.Rhamnosus che recedenti studi illustrano come coinvolto nella sintesi di sostanze che promuovono la formazione delle placche aterosclerotiche e la comparsa di malattie cardiovascolari nella dieta medeiterranea. Gli studi dimostrano un legame diretto tra il microbioma intestinale, gli alimenti introdotti con la dieta e il riscgio vcardiovascolare. Un approccio interventistico con simbiotici (non contenti L.Rhamnosus) può risultare una raccomandazione clinica volta ad una generale riduzione del rischio cardiocicolatorio se associate ad una diminuzione dell’introduzione di grassi con la dieta.

Quali sono i migliori rimedi naturali contro il colesterolo?

Il Colesterolo: un nemico silenzioso

Il colesterolo da tempo è sotto i riflettori di esperti in materia che cercano di fornire mezzi terapeutici per controllarne i livelli e informazioni approfondite da divulgare al pubblico, in modo da sensibilizzare gli individui, non solo quelli già malati o a rischio ma anche quelli sani per attuare u’efficace azione preventiva, adottare delle corrette abitudini alimentari, un salutare stile di vita e, quando occorre, valide terapie.

Il colesterolo è un componente naturalmente presente nel nostro sangue, in cui svolge numerose funzioni: è necessario per la formazione dei sali biliari, della vitamina D e degli ormoni, è un elemento costitutivo delle membrane cellulari e della guaina mielinica. Può essere endogeno, quello prodotto dal nostro organismo, ed esogeno, quello introdotto con l’alimentazione.

È trasportato nel sangue dalle lipoproteine, rispettivamente a bassa (LDL) e ad alta densità (HDL). Quando le LDL sono in eccesso si depositano nelle arterie causando accumuli di grasso, noti come ateromi, che determinano un progressivo restringemento dei vasi sanguigni. Le HDL svolgono invece un ruolo protettivo poiché favoriscono il flusso del colesterolo dai vasi, rimuovendolo quindi dalle pareti vascolari, verso il fegato.

I trigliceridi, la forma più concentrata di energia per il nostro organismo, sono sostanze formate da tre molecole di acidi grassi e una di glicerolo; essi possono sia essere introdotti con l’alimentazione ma anche sintetizzati dal nostro organismo in un regime ipercalorico a partire da carboidrati e grassi in eccesso.

Quando il contenuto dei lipidi (colesterolo e trigliceridi) nel sangue raggiunge valori anomali, si instaurano condizioni patologiche che vanno sotto il nome di DISLIPIDEMIE; con questo temine si intende infatti un’alterazione nel profilo dei grassi, motivo di preoccupazione per i rischi di complicanze, nel lungo termine, soprattutto cardiovascolari. L’ipercolesterolemia è ad esempio uno dei fattori di rischio più rilevanti per le malattie cardiovascolari, l’ipertensione arteriosa e l’arteriosclerosi (processo degenerativo del sistema vascolare arterioso).

I consigli: alimentazione e stile di vita

Adottare corrette abitudini alimentari e un sano stile di vita costituiscono l’elemento chiave nella prevenzione ma anche nella diminuizione della colesterolemia e trigliceridemia. Accanto a una dieta appropriata devono essere adottate misure che riducano gli altri fattori di rischio come l’ipertensione, il fumo, il consumo di bevande alcoliche, il sovrappeso, livelli glicemici alterati.

Semplici e salutari regole possono aiutare a controllare i livelli ematici dei lipidi: ridurre e/o evitare l’eccesso ponderale, limitare il consumo di zuccheri semplici e raffinati, favorendo il consumo di carboidrati complessi, limitare l’assunzione di alimenti ricchi in grassi animali e acidi grassi saturi a favore di quelli ricchi in grassi vegetali e acidi grassi polinsaturi, preferire alimenti ricchi di fibre e di sostanze antiossidanti (frutta e verdura), evitare il fumo, lo stress, praticare con costanza una regolare attività sportiva.

È opinione comune, infatti, che l’intervento farmacologico sia secondario a un’accurata e intensiva strategia, praticata nel lungo termine, per almeno sei mesi, basata su una dieta appropriata e su attività fisica regolare. Per rendere questi inteverventi più efficaci o, quando, nonostante queste sane abitudini, persistessero valori lipidici alterati, potrà rivelarsi utile seguire trattamenti, per cicli di 2-3 mesi, con interruzione di un mese, a base di rimedi naturali. Nelle forme più severe potrà invece essere necessario intervenire, secondo indicazioni mediche, con un trattamento farmacologico.

Rimedi fitoterapici per il colesterolo

Diversi sono i rimedi che dalla fitoterapia vengono in soccorso nel trattamento delle dislipidemie. Tra questi il Carciofo è un rimedio di riferimento, tanto che si parla di cinaroterapia; è stato dimostrato che il carciofo, noto da tempo immemore per le sue proprietà epatoprotettive, coleretiche, colagoghe, antiossidanti e soprattutto antilipidemiche, può diminuire i livelli ematici dei lipidi inibendo l’ossidazione delle LDL, favorendo l’escrezione e riducendo la sintesi di colesterolo, in particolare grazie all’azione spiccatamente ipolipidemizzante di due principi attivi, cinarina e luteolina. Il carciofo inoltre incrementa la produzione di bile, sostanza che non solo svolge un ruolo fondamentale nella digestione dei grassi, ma funge anche da veicolo per l’eliminazione del colesterolo, oltre che di sostanze metaboliche di scarto.

Oltre al carciofo, un altro valido rimedio nel contrastare le dislipidemie è dato dal Riso rosso fermentato, ampiamente utilizzato contro l’ipercolesterolemia; il riso rosso fermentato, ottenuto dalla fermentazione del comune riso da cucina ad opera di un particolare lievito, chiamato Monascus purpureus o lievito rosso, è utilizzato da secoli dalla Medicina Tradizionale Cinese per le sue attività protettive del sistema cardiocircolatorio; è infatti in grado di ridurre i livelli di colesterolo, trigliceridi e pressione arteriosa. Il riso rosso fermentato deve la azione ipolipemizzante a particolari principi attivi, le monacoline (una di queste sostanze, la monacolina K, è identica per struttura chimica alla lovastatina, farmaco appartenente alla famiglia delle statine, ad oggi terapia farmacologica di riferimento nel trattamento delle dislipidemie); le monacoline agiscono inibendo la biosintesi di colesterolo, aiutando così l’organismo a mantenere in maniera fisiologica livelli normali di colesterolo. Insieme alle monacoline, altre sostanze contenute nel riso rosso fermentato sono inoltre coinvolte nella sua azione ipocolesterolemizzante.

È caratterizzata da questa attività anche la berberina estratta dalla Berberis aristata, sostanza dalle numerose bio-proprietà; tra le molecole più studiate, capace di intervenire a più livelli, la berberina agisce ad esempio come antiossidante, antimicrobico, anti-cancro, anti-diabetico, anti-reumatico, neuroprotettivo, anti-obesità, epatoprotettivo, protettivo gastrointestinale e cardiovascolare; in particolare la berberina esercita i suoi effetti ipocolesterolemizzanti aumentando l’attività e il numero dei recettori epatici per le LDL, facilitando il trasporto e, quindi, l’allontanamento dal sangue del colesterolo-LDL, comunemente indicato come “cattivo”.

A ridurre i livelli di colesterolo LDL e di trigliceridi interviene anche il Tè verde, più largamente conosciuto per le sue comprovate attività antiossidanti; grazie alla presenza dei polifenoli, di cui l’EGCG (EpiGalloCatechinGallato), oltre a essere quantitativamente il più importante, è anche considerato l’ingrediente più attivo per le potenti proprietà antiossidanti, il tè verde esercita azione protettiva dalle malattie cardiovascolari inibendo l’ossidazione del colesterolo LDL nelle arterie, causa principale nella formazione dell’arteriosclerosi; altre sostanze presenti nel tè verdi, le saponine, si legano nell’intestino al colesterolo presente con gli alimenti, ne determinano la precipitazione e ne limitano così l’assorbimento.

Integratore alimentare per il metabolismo del colesterolo

Con uno studio attento e una scrupolosa ricerca Glauber Pharma, divisione dei Laboratori Forza Vitale, ha selezionato estratti fitoterapici per realizzare una formulazione con lo scopo di soddisfare la sempre più diffusa necessità e il crescente desiderio di prendersi cura del proprio sistema cardiocircolatorio in modo naturale ed efficace e mantenere in equilibrio il proprio stato di salute e il benessere dell’intero organismo. Si tratta di Colesolv®, un integratore alimentare a base di estratti secchi titolati di piante, utile per favorire il corretto metabolismo del colesterolo.

Colesolv® deve la sua efficacia all’azione sinergica dei principi attivi vegetali e alla loro veicolazione. Riso rosso fermentato, carciofo, berberina, tè verde sono tutte piante dalla comprovata attività anticolesterolo; la presenza del loro intero spettro fitochimico fa sì che esse agiscano in sinergia. A ciò si aggiunge l’azione antiossidante e antiradicalica di octosanoli, coenzima Q10 e acido α-lipoico. Le compresse gastroresistenti di Colesolv® sono formulate in modo che i principi attivi siano protetti e non vengano degradati dalle secrezioni acide gastriche e, grazie alla presenza di chitosano e piperina, possano essere più facilmente veicolati, assorbiti a livello intestinale e raggiungere così i loro target di azione . Colesolv® si pone come valida soluzione naturale per mantenere i normali livelli di colesterolo totale, LDL, trigliceridi e di aumentare la quota di HDL, inserendosi efficacemente come integrazione di una dieta bilanciata e di un sano stile di vita.

È consigliata l’assunzione di 2 compresse la sera prima di cena.

Trattamento cellulite Cellulo Reducto

CELLULO REDUCTO PSC™ BIO: Cellule staminali vegetali per la cellulite .

Linfa di betulla, gemme di ribes nero, frassino, castagno e nocciolo: questi gli estratti concentrati di cellule staminali vegetali formulati da Forza Vitale per il sostegno nutrizionale nel trattamento della cellulite.

In virtù delle sue proprietà (drenante e tonico stimolante, rimineralizzante e antiCELLULO_REDUCTO_PSC_FORZA VITALEflogistica), la linfa di betulla (Betula pendula var. verrucosa) trova valido impiego nella cellulite, poiché, oltre a contrastare la ritenzione idrica per attivazione della diuresi, riduce anche l’impastamento e la componente algica. All’azione antinfiammatoria della betulla si affianca sinergicamente quella del ribes nero (Ribes nigrum), le cui attività principali ne fanno un tonico generale, un depurativo, un diuretico, un antinfiammatorio appunto, nonché un vaso protettore. Al ribes si affianca il frassino (Fraxinus excelsior) che potenzia la riduzione dei processi infiammatori sottocutanei e, grazie alla oxycumarina, componente ad azione fluidificante del sangue, contribuisce a ridurre le congestioni venose. Se le gemme del frassino manifestano un organotropismo per le vie urinarie e per l’apparato locomotore, dove quindi le proprietà diuretica, uricosurica e ipocolesterolemizzante si manifestano maggiormente, le gemme del castagno (Castanea vesca) presentano un organotropismo elettivo nei confronti dei vasi linfatici a livello dei quali esercitano azione di drenaggio. L’organotropismo del nocciolo (Corylus avellana) si rileva soprattutto per il tessuto connettivo, dove esplica le sue proprietà antisclerotiche, poiché contribuisce a ripristinare l’elasticità dei tessuti.

Queste cinque piante dalle proprietà molteplici e complementari possono dunque rappresentare un valido strumento terapeutico nel trattamento di un disturbo patologico complesso come la cellulite; ancor più se ad essere impiegate sono le loro cellule staminali vegetali, efficacemente formulate in CELLULO REDUCTO PSC™ BIO.