Il partenolide, un lattone sesquiterpenico presente in natura come componente del partenio (Tanacetum parthenium), una pianta appartenente alla famiglia delle Asteraceae, è già da tempo oggetto di numerosi studi per le sue potenti e complesse proprietà farmacologiche antiossidanti, antimicrobiche e antinfiammatorie, tanto che la somministrazione di estratti di partenio per via orale o per infusione per il trattamento di febbre, dolori gastrici, artrite reumatoide e per la profilassi dell’emicrania, da semplice rimedio tradizionale, è diventata ormai una pratica piuttosto abituale anche nella medicina ufficiale.
Dal lavoro di ricerca svolto negli ultimi anni da alcune equipe internazionali è emerso che il partenolide ha anche delle importanti proprietà antitumorali che interessano diverse linee cellulari. Nello specifico, è stato dimostrato che il principio attivo è in grado di inibire la proliferazione delle cellule neoplastiche e di provocarne la morte per apoptosi.
A conferire al partenolide le sue peculiari proprietà farmacologiche sono l’anello α-metilen-γ-lattonico e il gruppo funzionale epossidico, due particolari componenti della sua struttura molecolare che gli permettono di legarsi ai siti nucleofili di importanti molecole biologiche, come ad esempio i gruppi tiolici di alcuni enzimi.
In generale, come si evince da alcuni articoli scientifici disponibili su pubmed.com, tra i quali i lavori di Koprowska e Czyz e di Mathema et al., la capacità di inibire il legame del DNA con i fattori di trascrizione NF-kappaB, costitutivi in diversi tipi di neoplasia, attraverso l’interazione con IKK o più direttamente con la subunità p65 dell’NF-kappaB è considerata una delle principali modalità d’azione del partenolide. Attraverso l’inibizione dell’attivazione degli STAT (Signal Transducers and Activators of Transcription) e della MAP-chinasi e l’induzione di una sostenuta attività delle JNK e zdella p53, ottenute influenzando direttamente i livelli della MDM2 e della HDAC1, esso provoca inoltre un incremento della suscettibilità delle cellule neoplastiche alla chemio e alla radioterapia.
A livello epigenetico, il partenolide riduce i livelli di HDAC1 e, inibendo l’attività della DNMT2, induce la totale ipometilazione del DNA, che può riattivare l’espressione di alcuni geni soppressori. Questi provocano una riduzione dei livelli cellulari di GSH nelle cellule neoplastiche, a cui fanno seguito un accumulo di radicali liberi e, finalmente, l’apoptosi.
Altre proprietà molto interessanti del partenolide sono la capacità di indurre la morte cellulare principalmente nelle cellule neoplastiche, senza danneggiare quelle sane – sulle quali esercita inoltre un’azione protettiva dagli UVB e dallo stress ossidativo – e, soprattutto, quella di essere potenzialmente in grado di colpire cellule staminali neoplastiche.
Altri studi hanno evidenziato l’azione antitumorale del partenolide su determinate linee cellulari neoplastiche. Il lavoro dell’equipe guidata da Antonella D’Anneo, ricercatrice del Dipartimento di Biochimica Sperimentale e Neuroscienze Cliniche dell’Università di Palermo, ne ha per esempio studiato gli effetti sulle cellule responsabili dell’osteosarcoma umano MG63 e del melanoma SK-MEL-28, sulle quali il partenolide agisce in maniera similare.
La marcatura con Hoechst 33342 ha rilevato che nella prima fase del trattamento (0-5 h) il partenolide induceva condensazione della cromatina nella maggioranza delle cellule di entrambe le linee, mentre solo un numero limitato di esse risultava essere positivo allo Iodio Propidio (PI). Inoltre, le cellule assumevano una forma tondeggiante, si distaccavano dal substrato e mostravano una riduzione del loro volume. Il progressivo aumento della percentuale di cellule PI-positive rivelato nella seconda fase dell’esperimento (5-15 h), suggeriva che l’esteso danneggiamento delle membrane plasmatiche cellulari cominciava a verificarsi solo dopo lunghi periodi di trattamento. Tutti questi eventi non venivano contrastati dalla z-VAD-fmk e da altri inibitori della caspasi, bensì erano strettamente dipendenti allo stress ossidativo. Lo studio del meccanismo di azione del partenomide ha infatti rilevato che tutti gli effetti citotossici erano inizialmente impediti dalla n-acetil-cisteina (NAC), un potente antiradicali liberi, mentre dopo un breve periodo di tempo (1-2 h) la produzione di radicali liberi veniva avviata grazie all’attivazione indotta dalla NADPH ossidasi e dalla chinasi 1/2 regolate da segnali extracellulari (ERK1/2).
Questo dava poi origine alla cascata di eventi, alcuni dei quali citati in precedenza, che avrebbero predisposto la cellula neoplastica all’apoptosi: deplezione dei gruppi tiolici e del glutatione, inibizione dell’NF-kappaB, attivazione delle JNK, distaccamento delle cellule dal substrato e restringimento cellulare. Il contemporaneo aumento della produzione dei radicali liberi e dell’accumulazione mitocondriale di Ca2+ favoriva inoltre la dissipazione del potenziale di membrana mitocondriale (Delta Psi m), probabilmente determinata dall’apertura del Poro di Transizione della Permeabilità Mitocondriale (PTP), altro evento che notoriamente precede il processo apoptotico. L’analisi all’immunofluorescenza rivelava inoltre che a questo punto il Fattore di Induzione dell’Apoptosi (AIF) abbandonava i mitocondri per posizionarsi all’interno del nucleo a contatto con aree occupate da cromatina condensata. Prolungando il trattamento (5-15 h), il potenziamento dell’effetto necrotico veniva testimoniato dalla progressiva diminuzione dell’ATP e dal sensibile aumento delle cellule PI-positive.
Dal momento che tutti questi effetti venivano inibiti dalla NAC e non venivano in alcun modo influenzati dagli inibitori della caspasi, dal lavoro di ricerca è emerso chiaramente che il partenolide causa nelle due linee cellulari neoplastiche studiate morte cellulare mediata da AIF.
A una simile conclusione ha portato anche il recentissimo studio pubblicato nell’ottobre 2014 su Pubmed.com da Al-Fatlawi AA. L’autore, coadiuvato dalla sua equipe, ha studiato gli effetti del partenolide sulla crescita e sui geni coinvolti nella regolazione dell’apoptosi delle linee cellulari del carcinoma cervicale (SiHa) e carcinoma della mammella (MCF-7) umani. Esaminando l’attività citotossica del partenolide mediante saggi di MTT e LDH a intervalli regolari di 24 e 48 h e valutando l’attività apoptotica ed effettuando l’analisi di espressione genica dei geni multipli della regolazione dell’apoptosi (come p53, Bax, caspase-3, -6 e -9) mediante trascriptasi inversa della PCR e saggio di frammentazione del DNA, si è visto che il partenolide inibiva la crescita di linee cellulari di SiHa e MFC-7 in maniera concentrazione-dipendente ad intervalli di tempo di 24 e 48 h grazie alla modulazione dell’espressione di geni coinvolti nella regolazione dell’apoptosi.
Pertanto, dato il suo ampio raggio di attività biologiche e la sua bassa tossocità, l’assunzione di integratori alimentari a base di partenolide, che debbano avere un contenuto di principio attivo pari ad almeno il 15% e resi facilmente assorbibili dalla forma di nanoemulsione, è consigliata.